“Importanza sistemica”, “partiti radicali” e democrazia nell’eurozona

Con grande piacere cogliamo l’invito alla traduzione del post apparso in originale in lingua inglese su Goofynomics, in cui il prof. Alberto Bagnai analizza come si è evoluta l’esposizione delle banche tedesche nei confronti dei partner dell’eurozona. Da questo aspetto discendono una serie di illuminanti considerazioni, sia economiche che più squisitamente politiche, sulla linea anti-austerità dei “partiti radicali” che si aggirano per l’Europa. Ci auguriamo che sia i politici che i media colgano questo forte invito a riflettere sull’importanza  politica della verità, di cui tutti sentiamo un grande bisogno.  

di Alberto Bagnai, 5 gennaio 2014

In un precedente post di questo blog ho pubblicato una e-mail di Angelantonio Castelli, un fisico che caso vuole appartenga alla mia piccola classe virtuale (il primo blog di economia in Italia). Egli è stato così gentile da attirare la nostra attenzione sul significato delle parole “importanza sistemica” per il governo tedesco. Evidentemente, e del tutto legittimamente, per il governo tedesco “importanza sistemica” significa “rischio per le banche tedesche”. Il grafico di Angelantonio ha mostrato che l’esposizione delle banche tedesche (e francesi) verso la Grecia è calata rapidamente nel corso degli ultimi due anni (non che sia una grande scoperta, naturalmente, ma è un qualcosa che i media italiani non mostreranno mai al loro pubblico), il che significa che ora la Grecia può uscire, sempre che osi farlo.

Qua fornisco qualche ulteriore grafico, rispondendo alle seguenti domande: che dire dell’Italia? Quali sono i paesi ora di “importanza sistemica” per la Germania? I dati sono noti. Quindi trarrò una semplice conclusione politica, che si rivelerà giusta. Se mai si rivelasse sbagliata, sapete dove trovarmi: qui!

In primo luogo, questa è l’esposizione verso la Grecia di Germania, Francia e Olanda (ho lasciato da parte la Svizzera, che è importante e degna di interesse, ma al di fuori dell’Eurozona – e fiera di esserlo):

Il modello dell’Olanda è all’incirca lo stesso, su scala minore (ma attenzione alle numerose interruzioni statistiche nella serie: informazioni dettagliate sono disponibili sul sito internet della BRI).

La seguente è l’esposizione di Germania, Francia, e Olanda verso l’Italia:

Ancora una volta, abbiamo un modello simile: una inversione di tendenza molto evidente dei prestiti bancari dall’inizio della crisi (attenzione al “break” nella serie statistica dell’Olanda!). Tuttavia, nel nostro caso (italiano), i prestiti internazionali si stabilizzano dopo il bluff del “whatever it takes” a metà del 2012 (sì, è un bluff, e voi lo sapete, e lo sa anche Mario: vediamo cosa succederà nel 2015, non solo all’indomani!).

Poi, vi mostro il prestito consolidato di Germania, Francia e Paesi Bassi verso Grecia e Italia, solo per farvi notare che c’è una piccola differenza nelle dimensioni:

(Lo so che sospettavate che l’Italia fosse più grande della Grecia, e che nonsiete troppo sorpresi, ma credetemi: molte persone ignorano questi semplici dettagli, e vale davvero la pena di fornirli, se vogliamo che la democrazia funzioni come dovrebbe, non come vogliono i tecnocrati  – per ulteriori approfondimenti sulla democrazia si veda più avanti).

Infine, questo grafico mostra come si è evoluta  l’esposizione della Germania nei confronti dei suoi principali partner nel corso del tempo:

E, ancora una volta, non è una grande sorpresa: la Spagna era il problema più grande, e questo è il motivo per cui le è stato concesso (e le è concesso tuttora) di infrangere ripetutamente le regole di bilancio europee. Tutti sanno che in una recessione è necessario l’indebitamento pubblico per favorire la riduzione dei debiti del settore privato (date un’occhiata al paper di Boltho e Carlin, se potete). In sostanza, il governo tedesco dell’Eurozona è stato così gentile da consentire agli spagnoli di trasformare i prestiti in sofferenza delle banche tedesche (il debito privato delle imprese e delle famiglie spagnole verso la Germania) in debito pubblico spagnolo (suppongo che vi ricordiate che il debito pubblico spagnolo era praticamente a zero prima della crisi, non è vero?).

Tra l’altro, questo è un chiaro esempio degli scopi del frame “anti-austerità/pro-euro” adottato dalla “sinistra” in tutta l’eurozona. Sapete, quegli sciocchi che continuano a “minacciare” la Germania, chiedendole di attenuare le “sue” assurde regole di austerità? Io li chiamo gli “appellisti”, perché sono così desiderosi di scrivere (e sottoscrivere) “appelli” assolutamente saggi e clamorosamente inopportuni, che nessuno leggerà. Se nell’Eurozona ci fosse la volontà politica di cooperare, non ci troveremmo in una crisi del genere. Punto. Quindi, qual è il senso di scrivere “appelli”, una volta che è così chiaro che nessuno è disposto nemmeno a guardarli? Nel migliore dei casi, sono di nessuna “importanza sistemica”, e nel peggiore, di un qualche aiuto per la Germania, che nella situazione attuale sta già gestendo la sua “austerità” in un modo molto flessibile (come il caso spagnolo dimostra).

Infine, qualche parola su Hans Werner Tsipras.

Vi ricordate di quando i “progressisti” europei, gente di mente aperta, in Europa e altrove, erano così felici perché sentivano che Hollande avrebbe cambiato il panorama economico dell’eurozona? Beh, si è scoperto che si erano persi un piccolo particolare. Ora se ne stanno perdendo uno grande.

Se pensate che il nostro problema più grave sia la difficile situazione economica dell’eurozona, vi sbagliate di grosso. Il nostro primo problema è la democrazia, per le ragioni così chiaramente espresse da Axel Leijonhufvud cinque anni fa. L’Eurozona è l’apice della filosofia politica del “vincolo esterno”, ben descritta da Kevin Featherstone. L’indipendenza della banca centrale è il mezzo per un fine ben definito e apertamente dichiarato: sottrarre il governo degli Stati sovrani ai politici eletti al fine di dare il potere ad una élite tecnocratica transnazionale non eletta (per favore, date un’occhiata al paper di Featherstone prima di dar sfogo alla vostra retorica populista sul sogno europeo). L’euro incarna l’indipendenza della banca centrale attraverso l’articolo 123 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. Ne deriva che tutti quelli che oggi difendono l’euro, sia direttamente, come Draghi, che indirettamente, come gli “appellisti” o Hans Werner Tsipras, sta in realtà difendendo questa filosofia politica. Purtroppo, si scopre che questa filosofia era (ed è tuttora) fondata su due basi molto pericolanti: la fiducia ingenua nell’esistenza di un optimum economico “puramente tecnico”, e la visione machiavellica e paternalistica che i “buoni pastori” possano mentire alle pecore per spingerle nella giusta direzione.

Sul primo punto, mi permetto di segnalare alla vostra attenzione che l’inflazione ottimale non è come la temperatura ottimale di una stanza, che come è ben noto si situa in un piccolo intervallo tra 20 e 23 ° C (68 e 73 ° F), e che può essere regolata da un dispositivo tecnico; non c’è un accordo generale sulla definizione di tasso di inflazione ottimale, l’approccio alla Sheridan della BCE (l’unica inflazione buona è l’inflazione morta) ci ha spinto oltre il limite di un completo disastro, e dal momento che l’inflazione influenza la ricchezza e la distribuzione del reddito (come Leijonhufvud ci ricorda), non potete farla regolare dal “termostato” di una banca centrale tecnocratica: dovete farla regolare dai politici, e da una banca centrale che obbedisca loro. Be’, scusate, ho sbagliato. Non “dovete”. Dovreste, se credete nella democrazia, che è qualcosa che nessuno può costringervi a fare.

Sul secondo punto, è risaputo che le conseguenze disastrose del “mettere il carro davanti ai buoi” (nelle parole di Dominick Salvatore), vale a dire del procedere all’unione monetaria prima dell’unione politica, erano ben note non solo alla professione economica, ma anche alle élite politiche. C’è una vasta letteratura nel campo delle scienze politiche che mostra che l’approccio “federalista” alla “Europeizzazione” era basato sul fermo convincimento che procedere nel modo sbagliato avrebbe provocato delle crisi, ma che quelle crisi avrebbero avuto un esito positivo, perché avrebbero spinto le pecore (cioè, voi) verso il giusto fine: gli Stati Uniti d’Europa, che avrebbero dovuto rappresentare la fine del nazionalismo (allo stesso modo degli Stati Uniti, o …). I lettori italiani possono trovare utile dare un’occhiata al paper di Roberto Castaldi, “Moneta unica e unione politica”. Castaldi, un eminente ricercatore in una rinomata università italiana, ci spiega che:

Ma il fallimento del Congresso del Popolo Europeo mostrava che da sola tale crisi storica non permetteva di mobilitare i cittadini europei a favore della federazione. Ciò richiedeva l’emergere di crisi specifiche dei poteri nazionali, ovvero di problemi percepiti socialmente che non potevano trovare soluzione nel quadro nazionale. L’emergere di tali crisi costituiva la finestra di opportunità per l’avanzamento del processo di unificazione, e ne determinava la possibile direzione: una crisi economica poteva permettere avanzamenti sul terreno dell’integrazione economica… Le crisi costituivano opportunità per lo sviluppo di una “iniziativa” federalista.

In altre parole, le élite europee sapevano molto bene che una crisi sarebbe arrivata. Nel caso italiano, ne abbiamo prove dirette (oltre ad autorevoli studi, come quello che ho appena citato). Ad esempio, i verbali della Camera italiana riportano ancora il discorso di Giorgio Napolitano contro l’adesione dell’Italia allo SME. Le sue parole rendono chiaro come egli fosse pienamente e completamente consapevole dei pericoli che questo processo avrebbe causato: de-industrializzazione dei paesi deboli e deflazione generalizzata (ai danni della classe operaia, che a quel tempo si suppone egli dovesse difendere, essendo comunista, ed ex sostenitore di questo sfortunato evento).

Alla luce di ciò, l’unificazione monetaria è stata “venduta” da quelle élite ai propri elettori come un grosso affare. Nelle famigerate parole di Romano Prodi, gli italiani “guadagneranno come se lavorassero un giorno di più, lavorando un giorno di meno”. Questo è quello che ha detto al suo elettorato in Italia, ma mentiva, perché nello stesso periodo stava rilasciando interviste al Financial Times in cui apertamente confessava di essere pienamente consapevole del fatto che l’Europa non era pronta per la moneta unica, che questo avrebbe causato una crisi, e che la crisi avrebbe costretto i cittadini europei ad adottare i corretti “strumenti politici” (ad esempio, la flessibilità del mercato del lavoro).

Inutile dire che la democrazia non può funzionare se i politici (e il sistema dei media) mentono di proposito e costantemente ai propri elettori. Potete pensarla come volete sulle presunte radici Cristiane dell’Europa, ma comunque la intendiate e qualunque sia il Dio in cui credete (se credete), le parole di Gesù Cristo: “La verità vi renderà liberi” (Giovanni, 8,32) sono una verità politica. In effetti una verità a lungo termine, ma sempre una verità. Mentire all’elettorato europeo ci ha portato alla schiavitù (sotto il dominio dei mercati).

Ora, guardate attentamente alla definizione di follia data da Albert Einstein: “Follia: fare la stessa cosa più e più volte aspettandosi risultati diversi”.

Hans Werner Tsipras in Grecia, e Podemos in Spagna, stanno combattendo la loro battaglia politica con le stesse armi usate dall’élite europea: mentendo ai loro elettori. Evitano sistematicamente di indicare la fonte oggi universalmente riconosciuta dei nostri problemi (l’euro), e continuano a fare promesse che non saranno mai in grado di mantenere: battere i loro piccoli pugni sul grande tavolo europeo per “costringere” Frau Merkel a fare quello che loro vogliono.

Qui in Italia abbiamo avuto un  esempio recente di dove porti questo modo di agire: al fallimento. Il Movimento 5 Stelle di Grillo, che tutti in Europa (tranne me) presumevano essere anti-euro, ha effettivamente evitato di prendere qualsiasi posizione definitiva su questo tema, sulla base del presupposto che un atteggiamento troppo definito avrebbe spaventato il loro “elettore mediano”. Era meglio eludere temi “caldi”, al fine di raggiungere il potere, e solo dopo fare la “cosa giusta”. Seguendo questo approccio, hanno condotto una campagna populista, “anti-cricca”, “anti-corruzione” (vale a dire, contro l’intervento pubblico nell’economia), che ha avuto successo la prima volta (alle elezioni politiche del 2013), ma si è rivelata controproducente subito dopo (alle elezioni amministrative del giugno 2013, e ancor più alle elezioni europee del maggio 2014).

Allo stesso modo, Hans Werner Tsipras non menziona l’euro, presumibilmente perché crede che questo spaventerebbe l’”elettore mediano” greco (in piena sindrome di Stoccolma), Podemos in Spagna sta conducendo una campagna “anti-corruzione”, ed entrambi si stanno concentrando sulle questioni del debito pubblico, mentre persino la BCE ha da tempo riconosciuto che il problema risiede altrove: nel flusso di prestito privato dal Nord al settore privato del Sud (ricordate i grafici sopra? Quello era debito privato. E per favore date uno sguardo al discorso e alle slides di Constancio).

Vale la pena notare che i due partiti apparentemente di “sinistra radicale” in Europa devono il loro successo al pieno sostegno  del frame proposto dalla élite tecnocratica europea: e cioè, che la crisi è stata determinata dal debito pubblico, la cui crescita abnorme (be’, in realtà era diminuito) è stata generata dalla inefficienza del settore pubblico e dalla corruzione.

Questo appoggio implicito ovviamente favorirà la loro ascesa al potere, per due motivi: non disturba le élite (che sono veramente felici che la presunta opposizione sostenga la loro Weltanschauung!), e non disturba l’elettorato, che sente un storia familiare. Allo stesso tempo, questo appoggio non contraddice troppo il loro presunto atteggiamento “anti-austerity”. Ancora una volta, l’opposizione all’austerità non è un così  cattivo affare per i creditori del Nord (come dovrebbe risultare dai grafici di cui sopra: ha consentito loro di trasferire i loro NPL – Not Performing Loans, crediti in sofferenza – ai bilanci dei governi in crisi!), ed è ovviamente favorita dagli elettori “progressisti”. Sì, in effetti ciò che gli “appellisti” vogliono è allo stesso tempo meno Stato e più Stato. Ma questa in linea di principio non è una contraddizione: tutti vogliono meno Stato (corrotto) e  più Stato (efficiente). Anch’io, di sicuro! Tuttavia, in paesi come l’Italia (solo per citarne uno), la corruzione (che ovviamente deve essere sradicata) è sempre stata molto diffusa, anche quando il paese cresceva ad un ritmo del 3%. Quindi, perché non stiamo crescendo adesso? E perché altri paesi, ugualmente corrotti, sono in crescita?

Riassumendo, queste strategie “radicali” falliranno, perché sono anti-democratiche tanto quanto la strategia delle élite.

E’ giunto il momento di dire la verità. Se continuate a ripetere che il problema è la “corruzione”, il debito pubblico, l’austerità, o qualsiasi altra cosa, e non l’euro, avrete pure l’elettore mediano, ma il risultato finale non sarà quello atteso (usare il vostro potere per costringere la Germania a fare quello che volete), ma l’opposto: sarete schiacciati (come lo è stato Beppe Grillo in Italia) dal ricatto dell’elettore medio, che non capirà mai dov’è il problema (perché non avete mai fatto qualcosa per informarlo) e quindi vi chiederà di distruggere quel che rimane dello Stato (corrotto?), che secondo i giornali dell’élite è il colpevole, cedendo ancora più terreno a quell’élite che  avreste dovuto combattere!

Non è un così gran successo per i movimenti cosiddetti di sinistra, non è vero? Infatti, è probabile che falliranno. Ma in caso di vittoria, sia i grafici di cui sopra, che l’intuizione politica, mostrano che non saranno mai in grado di cambiare il corso della nostra crisi. Proviamo a immaginare come potrebbe andare: Hans Werner, o Podemos, prendono il potere, quindi compaiono al balcone e dicono al popolo: “Contrordine, compagni: l’euro e la finanza privata, non la cricca e il debito pubblico, erano il problema!”. Be’, non voglio dire che questo non accadrà mai. Ma se dovesse accadere, perderebbero immediatamente una gran parte del loro elettorato: il gioco dell’oca, sapete?

Ricordate le parole di quell’antico blogger: la verità vi renderà liberi. Ogni movimento politico che intende davvero cambiare le cose in Europa non dovrebbe mai e poi mai fare lo stesso errore politico dell’élite criminale che ha realizzato il progetto europeo finora: restare intrappolati nelle proprie menzogne.

Solo per darvi un esempio: una dichiarazione di Alessandro Di Battista (un parlamentare 5 Stelle) di pochi giorni fa è stata un meraviglioso pezzo di politica dadaista: “Se non c’è la carta igienica nelle scuole, la colpa è della corruzione”. Bene, dopo aver sperimentato la troika (se mai accadrà, cosa probabile, con statisti di questo tipo!), penso che metteremo la corruzione nella giusta prospettiva …

I cittadini europei sono adulti, meritano e possono permettersi di sentire la verità. E la verità tecnica è che abbiamo bisogno di un riallineamento nominale ora: dobbiamo superare l’euro, che è stato un enorme errore storico, e ritornare alla flessibilità tra le valute europee. Avete mai fatto cadere un bicchiere di cristallo e uno di plastica allo stesso tempo? Quale dei due si è rotto? E perché? Sì, giusto: perché non era abbastanza flessibile.

Pensateci.

Se non credete a me, e nemmeno a Gesù Cristo, credete ai vostri stessi occhi. Questo ci rispamierà la dolorosa necessità di raccogliere i cocci dell’Eurozona.

Ps: quanto precede implica che la vittoria di Syriza (o Podemos) non avrà alcun impatto reale. Se lo avrà, vi ricorderete delle mie parole. In caso contrario, le dimenticherete. Così è la vita…

Leave a Reply